La sua provenienza dalle antiche e gloriose aree fiamminghe, innanzitutto, che lo imparentava immediatamente ai miei occhi con uno dei maggiori incisori dell’arte occidentale, Rembrandt van Rijn, mi ha evocato analogie e parentele artistiche ardite e, contemporaneamente, mi ha colpito un aspetto esattamente all’opposto, ossia il fascino di una monumentalità così diversa dalle piccole lastre del grande incisore nordeuropeo.
Questa appartenenza a un prezioso filone dell’arte moderna mi ha dunque suscitato una certa curiosità, vista anche la disinvoltura di questo artista nel dialogare con i grandi maestri dell’incisione e la sua apparente noncuranza rispetto alla necessità dell’utilizzo di linguaggi meno legati alle tecniche tradizionali.
Innanzitutto il ‘montaggio’ di più stampe a comporre un insieme di grandi dimensioni, rende queste opere estremamente suggestive e allusive di un mondo altro rispetto al mondo reale, allusione confortata dalla scelta del soggetto, “Tracce di architettura”, che in questo caso specifico predilige un aspetto del reale in cui l’umanità è pressoché assente, o appena suggerita. Una realtà cristallizzata in una dimensione senza tempo, dove l’architettura è testimone unico di un passaggio umano apparentemente lontano e ormai assente, tema questo che annovera illustri predecessori che de Koninck deve aver introiettato con evidente efficacia.
De Koninck, dunque, si cimenta con la grandezza e la monumentalità dell’architettura come solo Piranesi aveva finora fatto nel celeberrimo ciclo delle “carceri”.
L’incombenza, a tratti anche lugubre, dei prospetti architettonici, degli interni bianco e nero di cattedrali deserte, non ci lascia indifferenti: ci proietta in una dimensione di muto dialogo con l’ambiente costruito, lasciato solo con la sua fredda e inquietante presenza. De Koninck è inoltre riuscito, probabilmente senza predeterminazione, nell’impresa di una sintesi ardita tra moderno e contemporaneo: gli interni della cattedrale di San Galgano, riprodotti con una tecnica tra le più adatte alla rappresentazione del sogno, del soprannaturale, quella del bianco e nero dell’incisione, ci ricordano stranamente le spoglie di una contemporanea fabbrica abbandonata.
L’interesse di questo peculiare artista per l’architettura non si limita alle forme geometrizzanti del razionalismo di piccoli o grandi edifici, dall’Ara Pacis alle palazzine della periferia belga, ma anche verso tutto ciò che assume un aspetto magniloquente, ai grandi volumi vuoti di Milano o Torino, come pure al singolare contrasto tra la freddezza e la staticità dell’architettura anni venti scaldata da un movimento incerto dell’ombra del fogliame.
Le sue tracce di architettura, dunque, sono sia le singole linee che appaiono nella loro significante solitudine estrapolate dalla visione d’insieme, sia le grandi opere edificate e rappresentate totalmente disabitate, come il grande atrio del museo o la galleria milanese.
De Koninck ci offre una lettura davvero contemporanea del nostro rapporto con l’edificio, dello sgomento che la condizione umana ha sempre avuto nel relazionarsi con dimensioni non immediatamente rapportabili alle proprie. Non è un caso che tutta la storia dell’architettura sia segnata dalla spasmodica ricerca di una misura, di un canone, di una regola che richiami i rapporti proporzionali del corpo umano, quasi a cercare una forma di conforto e riconoscibilità anche in quello che ci appare più distante e irraggiungibile.
- 1
Qui a Roma sono presenti le mie opere grafiche più significative ma anche i miei quadri più recenti e alcuni studi su cartone.
Questo catalogo mostra per la prima volta al pubblico italiano una larga panoramica sulla mia produzione, per questo sento il bisogno di dare alcuni chiarimenti sul mio lavoro.
INCISIONI
Sin dall’inizio ho considerato la grafica un mezzo espressivo equivalente a qualsiasi altra disciplina artistica contemporanea.
Pertanto mi sono proposto di perfezionare al massimo le mie incisioni e non ridurre la mia produzione a delle semplici edizioni d’arte.
Dopo aver esercitato per anni le tecniche d’incisione classiche e consuete, seppur lavorando su (non facili) dimensioni molto grandi, ho iniziato a sentire il bisogno di un approccio più pittorico. Benché le due discipline siano molto diverse tra di loro, ho sempre pensato all’incontro della materia con la struttura dell’immagine dipinta.
Progressivamente ho sviluppato e approfondito una tecnica personale con la quale sto realizzando tutte le mie incisioni a colori.
È un lavoro, una stampa, a più livelli proprio come in un dipinto che viene fatto a strati: userei l’espressione “stampa pittorica”.
Il disegno di base è eseguito interamente a mano sulla lastra, che viene in seguito morsa per ottenere le varie tonalità. Eseguendo una controprova su una nuova lastra, procedo applicando successivi strati di vernice. La quantità dello strato di vernice produrrà effetti più scuri e pesanti se questa sarà leggera e viceversa.
Infine procedo con la stampa. Sul foglio umido stampo una prima battuta e subito dopo una seconda. Sono proprio questi strati che mettono in evidenza oltre alla prospettiva, anche una profondità determinata dalle diverse superfici dei colori sovrapposti.
Questa modalità di esecuzione produce una forte plasticità dell’opera e genera una qualità pittorica rara nell’arte dell’incisione.
DIPINTI
Dipingere. Per me che vengo da una formazione grafica, è stata una sfida particolare avvicinarmi alla nobile arte della pittura. Non volendo lavorare solo con le tecniche grafiche, avevo bisogno di un’altra modalità espressiva: la pittura mi è sembrata adatta, ma questo ha significato ricominciare da zero. Per molti anni le opere pittoriche sono rimaste in una zona crepuscolare, per così dire nella sala d’attesa della mia produzione artistica.
Solo alcuni anni fa, ho sentito il bisogno di rivelarle al pubblico. La prima serie è stata elaborata quasi tutta a grisaille, mostrando la mia esitazione verso l’uso del colore; una esitazione che è tornata utile al risultato finale: le immagini sembrano rappresentare un tempo “ghiacciato”, con le architetture come testimoni silenziosi.
Nei dipinti più recenti si nota chiaramente un’evoluzione verso una tavolozza più colorata, ma sempre sobria. Ho voluto cogliere l’attimo ammutolito della luce, in cui la composizione, l’atmosfera e qualche volta una certa stilizzazione sono gli elementi cruciali.
Dalle opere in mostra si evidenzia la mia predilezione per l’architettura razionalista, soprattutto degli anni ’20 e ’30. Mai però ho l’intenzione di riprodurla in modo esatto, benché realiste le immagini inizialmente possano sembrare, ma, dopo una più attenta osservazione, ci accorgiamo che i soggetti scelti sono solo lo spunto per creare un’immagine silenziosa di “una” casa, o di un luogo, in un contesto più o meno realistico. Mi permetto anche piccoli ritocchi sull’architettura nel caso la composizione lo richieda.
Ancora: i miei dipinti non inseguono una riproduzione fedele, ma una realtà pittorica, un mondo a sé stante.
DISEGNI
Da sempre il disegno è parte integrante del mio lavoro.
Ogni artista in un modo o nell’altro ristabilisce sempre il contatto con l’archetipo delle espressioni plastiche.
Se all’inizio mi applicavo a fare studi di ogni tipo, man mano i miei disegni si sono evoluti in bozze per opere più grandi, realizzate o no. Considero pertanto il disegno come l’espressione più diretta cui posso affidare in modo libero e aperto certe riflessioni e idee, perfino senza avere neanche la minima intenzione di produrre un’opera d’arte.
Talora però il disegno non si limita al soggetto abbozzato. Riesce a rispecchiare un processo visceralmente sentito, o è capace di rendere semplicemente la bellezza dei tratti di matita.
Negli ultimi anni queste “opere su carta” a poco a poco si sono fatte vere e proprie opere indipendenti. A volte si presentano ancora come punto di partenza per un’ulteriore, più grande, opera, ma progressivamente sono diventate un mondo a sé.
Questo è di certo il caso per gli acrilici su carta che ho creato durante il mio soggiorno come artista residente all’Isola Comacina, nel lago di Como.
Avendo visitato già altre volte questi luoghi nell’Italia del Nord, mi sono concentrato sullo studio dell’architettura di Giuseppe Terragni, uno degli esponenti più importanti dell’architettura razionalista italiana.
La maggior parte dei suoi fabbricati si trova nella città di Como e nei dintorni. Insieme a diversi altri architetti si legò anche al movimento futurista di Marinetti. Io stesso sono stato alloggiato nella “Casa per Artisti” progettata e costruita da Pietro Lingeri, anche lui ben conosciuto architetto razionalista-modernista.
Nel catalogo è presente una selezione di queste opere.
Spero che questa mostra possa lasciare un’impronta durevole…
- 1
- 2